Cosa succederà dopo la ritirata?
Qorbanali Esmaili
Cosa succederà dopo la ritirata degli Americani e delle altre forze della NATO dall’Afghanistan? Sarà la sconfitta della democrazia occidentale oppure la fine di un progetto sconosciuto al pubblico?
Iniziamo dicendo anzitutto che gli Americani e le altre truppe occidentali non erano andate in quel Paese per restare lì per sempre, anche perché, almeno ufficialmente, prima o poi se ne sarebbero dovute andare, lasciando il destino del Paese nelle mani degli Afghani.
Quel che succederà dopo l’11 Settembre del 2021, data in cui è previsto il ritiro completo delle forze multinazionali, di cui ottocento militari italiani, non è facile da prevedere. Ciò che a mio avviso è quasi certo è che non sarà molto peggio dell’attuale situazione.
Mi spiego meglio: allo stato attuale, secondo il SIGAR, Special Inspector for Afghanistan Reconstruction, il trentacinque/quaranta per cento del territorio afghano è sotto il pieno controllo dei Talebani mentre un dieci per cento circa viene controllato “a turno”, cioè passa continuamente dalle mani dei governativi a quelle dei Talebani con conseguenze che si contano in morti, feriti e profughi tra la popolazione civile che non sa da che parte stare.
Attacchi mirati alle personalità note, a politici, giornalisti, magistrati, e ovviamente ai militari, sono all’ordine del giorno, soprattutto a Kabul. Avvengono anche più di un attacco al giorno con bombe adesive agli autoveicoli, mine a controllo remoto o spari che provengono da motociclisti che fanno perdere le tracce senza mai essere trovati. Entrambe le parti, il Governo e i Talebani si accusano a vicenda di essere i mandanti di questi attacchi.
Molti Afghani si chiedono cosa sia meglio: continuare a vivere nel terrore quotidiano e nelle incertezze o arrendersi alle volontà barbariche dei Talebani, vecchi nemici dell’Occidente e compagni odierni degli Americani e dei Russi?
I capi talebani vivono nel lusso tra i paesi del Golfo e il Pakistan, viaggiano in prima classe (nonostante siano nella “lista nera” dell’ONU), vengono accolti con onore dalle autorità russe, cinesi e iraniane, senza parlare del Pakistan che è diventato la loro “seconda casa”. Alcuni di loro hanno i figli che studiano all’estero nelle università più prestigiose, americane ed europee, mentre i loro “seguaci poveracci” vengono uccisi quotidianamente nel combattimento contro i soldati Afghani. Come saprete, infatti, da più di un anno a questa parte i soldati stranieri “invasori infedeli” di qualche tempo fa, godono di immunità grazie al patto firmato tra l’Especial Envoi della Casa Bianca, Zalmay Khalilzad, e il Mullah Baradar, vice leader “liberato” da un carcere Pakistano appositamente per dare seguito al negoziato di pace che tra le condizioni aveva far liberare cinquemila Talebani catturati nei combattimenti e rinchiusi nelle carceri del governo afghano.
Dall’altra parte la coltivazione dell’oppio si espande e cresce ogni giorno.
Secondo l’UNODC, Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine, la coltivazione dell’oppio quest’anno è aumentata del trentasette per cento arrivando a produrre seimilatrecento tonnellate e coprendo 224mila ettari di terreno in ventidue province afgane su trentaquattro.
Ora vi domando: secondo voi, a chi va il profitto di questo prodotto? E come è mai possibile che ciò accada sotto gli occhi di decine di migliaia di soldati occidentali, armati di ogni mezzo tecnologico compresi i droni (che volendo cacciano anche i topi nel deserto)?
Nel 2019, l’Occidente ha finanziato le elezioni presidenziali cui hanno partecipato solo un milione e mezzo di Afgani dei circa tredici milioni degli aventi diritto. L’Occidente ha riconosciuto e ha imposto Ashraf Ghani come Presidente, nonostante i brogli elettorali evidenti e chiari agli occhi di tutti.
Il negoziato di pace “Tra Afghani”, ufficialmente iniziato a settembre 2020 in Qatar, a oggi non è giunto a nessuna conclusione a parte la liberazione di cinquemila prigionieri dei Talebani dalle prigioni afghane; i Talebani a parte i primi giorni di colloquio hanno disertato i negoziati, ignorando i loro impegni presi con gli USA.
Dal 2014 le truppe straniere non prendono più parte ai combattimenti in trincea contro le milizie talebane che sotto la luce del sole vengono finanziate e addestrate in Pakistan, alleato numero uno dell’America nella zona e che riceve un miliardo e trecento milioni di dollari di finanziamenti all’anno sotto il nome MFM e CSF.
Citando alcuni fatti importanti avvenuti in questi vent’anni in Afghanistan si evince chiaramente che la presenza delle forze straniere, con in capo gli Americani, probabilmente non è utile e forse non serviva per rafforzare la democrazia e i diritti umani in Afghanistan e per mandare via i Talebani, ma si tratta “solo” di un “progetto” sconosciuto al pubblico e nascosto dietro gli slogan di liberazione e umanitari. È oramai giunto al termine, ma solo perché ha raggiunto l’obiettivo prestabilito che, per ora, noi non sappiamo, ma che un “bel giorno” scopriremo. Forse.