Marilde Bordone
Insegnante di Storia dell’arte
Parigi, fin dalla metà del 1800, detiene in Europa il primato delle arti figurative: è anche la città del piacere, del divertimento, dell’entusiasmo per la tecnica e la scienza.
L’Esposizione Universale del 1900 segna la vittoria del progresso scientifico. La borghesia ne è compiaciuta e vuole essere glorificata e onorata. Le affiches multicolori e i cartelloni pubblicitari che coprono i muri restituiscono l’immagine di una città che è diventata il centro del divertimento e del consumismo ed è capace di attrarre con i suoi locali, i suoi spettacoli e i suoi prodotti, sovrani, principi, finanzieri, industriali e gaudenti di ogni provenienza. Incomincia a diffondersi L’Art Nouveau, stile ornamentale e decorativo, ispirato alle forme della natura che abbellisce gli oggetti e invade tutti i settori dell’arte, da quello urbanistico-architettonico a quello dell’arredamento e delle suppellettili. Esso è lo specchio di una borghesia che aspira a un proprio stile, leggiadro e raffinato. Al benessere dell’aristocrazia e della classe dirigente fanno però da contrappunto le rivendicazioni operaie, gli scioperi e i rigurgiti anarchici, conseguenza dei gravi problemi derivanti dall’industrializzazione e dagli scandali, enunciati dal pieno sviluppo della stampa.
La Germania guglielmina invece, caratterizzata dal rapido sviluppo industriale, dalla corsa agli armamenti e dall’imperialismo, si fonda sull’autoritarismo: nella scuola, nell’ambito famigliare e nella società, regolata da rigide strutture gerarchiche. Sono i giovani a reagire a questo stato di cose: vogliono sottrarsi agli schemi autoritari e alle convenzioni borghesi. Anche la stampa tedesca, dipendente finanziariamente dal governo, è meno vigorosa nella denuncia politica rispetto a quella francese. Il mancato esercizio di una critica radicale contribuisce ad assoggettare il paese e la pubblica opinione agli ideali dell’aristocrazia prussiana e dei circoli capitalistici. Il processo di industrializzazione ha accelerato la trasformazione del paese da struttura agricola e artigiana in struttura urbana e industriale con conseguenze a livello sociale e psicologico, determinando alienazione e frustrazione.
In questo contesto gli Espressionisti prendono le difese dell’uomo, oppresso e angosciato da un tipo di società che sacrifica i valori umani e spirituali a quelli della produzione e del profitto e, per quello che concerne l’arte, si oppongono a ogni interpretazione scientifico-razionalista al fine di affermarne il valore soggettivo.
L’Espressionismo è il primo movimento culturale europeo del Novecento che coinvolge non solo le arti figurative, ma anche la letteratura, il teatro, la musica e il cinema: si sostanzia di presupposti ideologici sollevando una problematica complessa che, oltre all’estetica, concerne l’etica, la religione e la vita sociale. Gli Espressionisti subiscono l’influsso del nichilismo di Nietzsche, della critica sociale di Ibsen e Strindberg, della rivolta di Wedekind contro l’etica borghese attraverso la liberazione degli istinti erotici. Ma nelle loro opere è anche presente l’angoscia di Kierkegaard e il senso di autosacrificio e di tragicità dei personaggi di Dostoevskij.
Intorno al 1910-11 Berlino si avvia a diventare il punto d’incontro delle forze che hanno promosso il rinnovamento dell’arte, della letteratura e del teatro. La loro attività culturale è incentrata attorno alle riviste “Sturm”, che riunisce gli artisti e promuove mostre, e “Acktion” che si distingue per lo spiccato interesse verso problemi storico-sociali.
A Dresda nel 1905 alcuni artisti: Heckel, Kirchner, Schmidt-Rottluff, Pechstein e Bleyl avevano dato vita al gruppo Die Bucke (il Ponte). Più tardi vi aderirà Nolde.
Questo primo movimento ebbe un ruolo di avanguardia nel rinnovamento dell’arte tedesca, liberata sia dall’accademismo che dalla dipendenza dalla sfera di influenza francese. Le varie influenze, da Van Gogh, a Gauguin, a Munch e all’arte negra, vennero elaborate in forma originale dai vari artisti tra i quali Kirchner, che per la sua complessa personalità assunse la posizione di leader del gruppo. Altro centro espressionista fu Vienna che viene sconvolta all’inizio del secolo dalle “pieces” teatrali e dalla pittura di Kokoschka e dalla musica di Schonberg. Vienna farà poi da testa di ponte fra il mondo tedesco e quello slavo, tra Berlino e Praga.
Gli Espressionisti rifiutano la carenza di profondità spirituale, il superficiale ottimismo e la solarità che caratterizzavano la pittura degli impressionisti e, interessati al dramma della condizione umana, privilegiano i contenuti. L’immagine diviene il mezzo per veicolare le inquietudini e i conflitti drammatici dell’uomo con l’ambiente che lo circonda. Hanno comunque recepito numerosi stimoli della cultura figurativa di fine Ottocento: ad esempio di Gauguin non li attraeva l’arabesco decorativo ma il messaggio spirituale, la nostalgia del primitivo, il rifiuto della società ipercivilizzata. La loro attenzione si concentra su artisti come Van Gogh, Ensor, Munch, pittori che in modo diverso hanno visualizzato nelle loro opere i conflitti interiori e il drammatico rapporto col mondo.
Van Gogh ha lasciato in eredità agli Espressionisti il suo rapporto emozionale con la realtà, il valore psicologico e simbolico delle deformazioni cromatiche e prospettiche. Il belga Ensor li influenzò col suo spirito visionario, con la tendenza al grottesco, col gusto per la maschera e con la materia cromatica ricca e intensa (emblematica l’opera L’ingresso di Cristo a Bruxelles del 1888) Il norvegese Munch costituisce l’antecedente più immediato dell’Espressionismo, esplicitando in immagini allucinate i conflitti profondi, le ossessioni, le paure. Il famosissimo L’urlo del 1893 rivela l’ansietà dell’uomo di fronte al mistero della natura: il terrore dell’uomo ridotto a larva echeggia nelle onde cromatiche del cielo e della terra e la prospettiva obliqua del ponte rompe quel ritmo sinuoso e fluttuante creando un drammatico senso di vuoto. L’espressionismo farà suo il processo espressivo di Munch ma non lo renderà attraverso ritmi arabescati, bensì tramite la linea spezzata, aspra, in una visione lacerata e piena di aggressività. Se confrontiamo Pubertà di Munch, che vuole esprimere lo sgomento dell’adolescente per il suo futuro destino di donna alle prese con il flusso della vita, con Marcella di Kirchner si evidenzia come quest’ultimo elimini la concezione simbolica e il senso del mistero attraverso un’immagine più aggressiva, definita con tinte stridenti e solcata da linee dure e angolose.
I dipinti di Ernst Ludwig Kirchner presentano una tesa struttura lineare. Egli pone al centro della propria opera il dramma dell’alienazione dell’uomo nella civiltà meccanizzata, dominata dal ritmo e dal movimento. Distrugge il mito borghese della città gaia. Nelle Donne per strada le figure sono deformate, allungate in una struttura fatta di spigoli e angoli, rinforzata nervosamente dal tratteggio. Le persone, tese e inquiete, passeggiano senza rivolgersi uno sguardo, chiuse nell’amarezza della solitudine.
L’opera di Erick Heckel si caratterizza per una visione più pacata e malinconica della vita che lascia trasparire la sua vicinanza a un’umanità di derelitti e di esclusi, che si stagliano in uno spazio privo di ogni profondità.
Karl Schmidt-Rottluff si caratterizza per l’accentuazione energica del colore e per la riduzione delle forme a schemi geometrizzanti. Tende all’amplificazione monumentale dello spazio entro il quale blocca le figure geometrizzate.
Max Pechstein risente maggiormente dell’influsso dell’arte francese e offre il meglio di sé quando dipinge paesaggi e nudi all’aria aperta, in un ambiente naturale non ancora corrotto dalla civiltà, riprendendo il motivo dell’unità uomo-natura.
La pittura di Emil Nolte è in antitesi con quella di Kirchner. Egli si porta dietro una cultura contadina e la sua arte nasce dal desiderio di un contatto intimo con la natura e col misticismo religioso. Mentre Kirchner opera la demistificazione della realtà sociale con tono dissacratorio e acidità di giudizio, Nolte esprime la sua sentita religiosità. Nella Cena l’artista dà forma al suo spirito visionario. Gli apostoli attorno a Gesù sono rudi e allucinati, personaggi dai lineamenti pesanti e deformi i cui volti vengono trasformati in maschere dolorose. Il Cristo ha un volto estatico e sofferente, privo di ieraticità. L’apparente oltraggio alla scena tradizionale dell’ultima cena è la traduzione di una ricerca di spiritualità più profonda, elementare e primitiva.
Nel 1913 il gruppo Die Brucke si scioglie, attraverso la redazione della cronaca scritta da Kirchner giudicata dai membri troppo soggettiva. L’unità del gruppo era però già stata intaccata dal tempo e dagli orientamenti personali degli artisti.
In un paese come la Germania, che stava compiendo uno dei tentativi più avanzati in Europa di impostare una moderna organizzazione produttiva, gli artisti di Die Brucke ritagliarono per sé un’area protetta dalla quale guardare al mondo moderno osservandolo con occhio critico, alla luce della pura forza creativa dell’individuo e del recupero di culture arcaiche.